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La storia del Crocifisso di Don Camillo

Il Cristo Parlante è indubbiamente, insieme a Don Camillo e Peppone, il terzo protagonista della saga Guareschiana.

Fu scolpito appositamente, come oggetto di scena, su commissione della Rizzoli prima dell’inizio delle riprese.

Il volto di Gesù Cristo fu realizzato in cinque diverse espressioni intercambiabili, a seconda delle scene del film, anche se solo una è rimasta ai giorni nostri.

Ma andiamo per gradi.

Il “Cristo Parlante” fu scolpito e disegnato dallo scenografo veronese Bruno Avesani con l’aiuto di  un falegname di Brescello : Emilio Bianchini.

Utilizzarono un legno leggero di cirmolo per il Cristo, mentre per la croce fu utilizzato un legno leggero di balsa, ulteriormente alleggerito svuotandolo all’interno, il tutto per favorire gli spostamenti durante le riprese.

Alla fine la riproduzione era alta 1,65 mt per soli 13 kg ( peso che Fernandel apprezzò moltissimo dovendo spesso tenerlo tra le mani per esigenze di scena).è

Al termine delle riprese del terzo film, il parroco di Brescello di allora, Don Dino Alberici, chiese che potesse rimanere nella Chiesa di Maria Nascente dove è tutt’ora visibile nella cappella laterale sinistra dell’ingresso della Chiesa.

Molto tempo dopo, verso la fine degli anni ’80, in seguito all’inaugurazione del Museo di Peppone e Don Camillo, il Crocifisso riaccese gli animi di guareschiana memoria.

Motivo del contendere fu la possibilità che l’oggetto di scena venisse spostato dalla Chiesa di Brescello nel nuovo Museo appena inaugurato.

La curia e il parroco di Brescello del tempo, Don Giuliano Cugini, si opposero fermamente allo spostamento  dando vita a un botta e riposta sui giornali di allora.

Insomma passano gli anni ma, da queste parte, le spirito non cambia mai..

E pensiamo che sia bello così.